Il Territorio

La famiglia Piercy e la nascita di Porto Pino

Una storia affascinante che ha segnato la nascita di una città, ancora oggi punto nevralgico della storia della Sardegna

I primi passi per lo sviluppo di Porto Pino, ai primi del Novecento, si devono alla famiglia inglese dei Piercy che realizzarono diversi progetti in varie parti della Sardegna. Soprattutto fra Bolotana, Chia e Macomer. 

La scoperta di Benjamin Percy in Sardegna

Correva l'anno 1870 quando l'ingegnere Benjamin Piercy, insieme alla moglie Sarah, arrivò in Sardegna, chiamato per progettare e realizzare le prime linee ferroviarie dell'isola: Cagliari-Olbia e Chilivani-Portotorres. Un incarico importante, che gli fruttò la proprietà di molte terre a Chia, Macomer e a Bolotana, dove fece costruire una maestosa villa immersa in un grande parco, comprensivo di abitazioni per la servitù, e di un allevamento di mucche e cavalli. Dopo la sua morte, avvenuta a Londra nel 1888, spettò al figlio Menj prendere in mano le redini di famiglia: fu proprio lui a 'scoprire' Porto Pino e le sue dune. Ne restò talmente affascinato da decidere di comprare gli stagni e la peschiera da Donna Giovanna Asquer, con l'idea di incrementare la pesca e non solo. In vista di ciò, avviò i lavori per collegare il paese con il mare attraverso una strada nota con il nome "su stradoni de s'Ingresu", e poi diventata via Piercy. 

La bonifica degli stagni

Ma Menj non riuscì a vedere i suoi sogni diventare realtà, a causa della morte in un incidente aereo. Una sorte non migliore toccò al fratello Herbert che nel 1895, nell'azienda paterna di Badd'e Salighes, aveva cominciato a produrre il primo latte sterilizzato d'Italia, spedito a Cagliari ogni mattina per essere messo in commercio, ma morì durante la guerra. La parziale realizzazione dei progetti della famiglia Piercy si deve alla società milanese Savia, che comprò i loro possedimenti, portò a termine la bonifica degli stagni, avviò alcune coltivazioni sperimentali e ampliò la peschiera. Un'attività serrata fino al 1956, anno in cui lo Stato italiano espropriò tutto per utilizzare gli stagni come vasche di prima evaporazione per le saline della vicina isola di Sant'Antioco.

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